Dopo diciassette anni Bani di Ardesio riscopre la sua “Mascherada dol Magnà”, una tradizione che si tramanda di generazione in generazione e che sarà riproposta a Bani sabato 22 febbraio, alle 14.30.
Già nel 1870 a Bani di festeggiava “ol Carneal dol Magnà” con la rappresentazione della “Mascherada dol Magnà”, “ol Testament dol Burtulì” e “ol Barber”, quest’ultima una rappresentazione di cui si sono perse completamente le tracce.
L’ultima Mascherada risale a sabato 22 febbraio 2003 mentre in passato l’evento era riproposto annualmente, almeno fino alla seconda guerra mondiale. L’idea di riproporre il tradizionale evento è maturata all’interno della Pro Bani, su input dell’architetto Giorgio Della Vite e grazie anche a Battista ed Evaristo Filisetti (Varistì). Saranno una trentina i residenti e le persone legate alla contrada di Bani che saranno protagonisti nello spettacolo; la metà di questi per la prima volta.
L’appuntamento è alle 14.30 di sabto 22 febbraio 2020 alle ex scuole elementari, da lì partirà la sfilata con le rappresentazioni che avranno luogo nella piazza della parrocchiale. Il pomeriggio si concluderà poi con un momento conviviale e frittelle per tutti.
“La mascherata dol Magnà” ha come spazio scenico la piazza del paese dove troviamo alcuni personaggi travestiti da calderai, col viso imbrattato di fuliggine per meglio aderire alla scena che si svolge, appunto, nell’ambiente dei “Magnà”. La rappresentazione si avvale di un canovaccio fisso, scritto e tramandato negli anni, al quale poi gli interpreti aggiungono delle battute. I “garsunsei”, gli operai, agli ordini del capo magnà, e sotto gli occhi del padrone, si danno da fare per sistemare padelle e paiuoli. Sopraggiunge una vecchia, la “egia”, che porta la sua padella per farla aggiustare in cambio di un sacchetto di farina, sottratta al marito (ol vecc), il quale accortosi del furto raggiunge la moglie. Ne nasce un diverbio con la moglie e il capo magnà: volano insulti e botte e la vecchia cade a terra. Accorrono il dottore, “ol dutur”, e gli infermieri, “gli infermer” e poi il brigadiere e due carabinieri. Il magànà rischia di finire in maette per esercizio abusivo della professione, ma ecco che giunge il segretario, e poi quando il magnà sta per essere arrestato per aver deriso l’ufficiale, irrompono 4 persone vestite di bianco, “i spalleter”, che mettono in fuga i carabinieri. È la rivalsa della povera gente sulle autorità usurpatrici.
“Ol testament dol Burtulì” racconta di un vecchio e una vecchia (“ol vecc” e “la egia”), che piangono il figlio “Burtulì” disteso a terra morente mentre litigano addossandosi la colpa del tragico evento. Sopraggiungono il dottore , “ol dutur” , che visita il “Burtulì” e ne dichiara il decesso ai genitori intenti a litigare e a discutere dell’eredità; e infine ecco il notaio, “ol noder”, che legge il testamento.
Il Burtulì rappresentata la morte del Carnevale, capro espiatorio da sopprimere così da poter eliminare il male. Prima di morire il Carnevale fa testamento e spesso questa è l’occasione per una critica o satira sociale e politica verso la Comunità. Nella scena anche due insoliti personaggi: il primo è un diavolo vestito di pelli animali, tenuto a bada con catene da un guardiano, che rappresenta l’antagonista delle autorità; il secondo è una figura grottesca un uomo sulle spalle di una donna (entrambi mascherati), raffiguranti una vecchia che porta a spalle un alpino in ricordo della prima guerra mondiale.
Due rappresentazioni carnevalesche che rovesciano le leggi, i divieti, le autorità, elementi che si ripetono nei carnevali della tradizione.